Portiamolo nelle scuole
Quando se ne va un poeta la
terra piange" dice un proverbio africano. Fabrizio De André era un grande poeta
della canzone, cioè un tipo particolare di poeta, un artista che sposa insieme versi e
musica praticando un'arte antica e nobile, tutt'altro che minore: l'arte di Georges
Brassens, Bob Dylan, Bertolt Brecht, Kurt Weill, John Lennon-Paul McCartney, Hadgidakis,
Paolo Conte nonché, fra i tanti altri, Franz Schubert e Hugo Wolf.
De André ha fatto
scoprire a molti italiani cosa può essere una canzone e quali spazi di ricerca ancora le
si possano aprire. Lo ha fatto non in teoria ma in un lungo percorso creativo di quasi
quarant'anni, dove disparati contributi si sono incorporati nel viaggio: da Telemann a
Vivaldi, da Brassens a Leonard Cohen, dagli evangelisti apocrifi a Edgar Lee Masters, da
Giampiero Reverberi a Ivano Fossati e da Gino Marinuzzi a Francesco De Gregori, ma tutti
metabolizzati in una poetica personalissima e unica. Ogni sua compo-sizione è scandita da
una invenzione metrica rigorosissima, da una musica semplice e quasi mai banale, musica da
canzone con identità molto radicale. Una musica che ha sempre tenuto lontano da sé la
tentazione di adeguamento mercantile colonialistico. Fabrizio De André ha venduto negli
anni fortunatamente molti dischi, ma era anche il contrario di un artista di mercato.
Qualche volta le hit parade sono andate da lui, mai lui è andato da loro: era sì un
artista molto venduto, però nel senso buono del termine.
Ricordo che frequentavo il liceo Mamiani quando comparvero quasi clandestini i primi
dischi di Fabrizio (così si chiamava all'inizio). Noi studenti ce li passavamo l'un
l'altro, fra la vitale meraviglia di chi fino allora era cresciuto con
"L'edera", "Il pericolo numero uno" o "Tintarella di luna".
In un panorama di musica leggera caratterizzato da una patetica querelle fra melodici e
urlatori: ("conservatori" i primi e "rivoluzionari" i secondi: questo
era il livello!). Una di quelle sue magiche ballate cominciava così: "Nei quartieri
dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi / È troppo impegnato a scaldare la gente
d'altri paraggi". Poteva bastare quest'inizio per fulminare ragazzi bisognosi di
poesia.
De André ha poi sempre
mantenuto quella tensione iniziale nel suo lungo cammino d'artista. Ha continuato a
fornirci stupori e spiazzamenti fino all'ultimo bellissimo disco Anime salve. Ha sempre
provato a restituirci attraverso la poesia musicale il nostro presente, a farci sentire
sonorità inedite, a contaminare generi con l'impiego di strumenti popolari che
s'intrecciavano alla sonorità fascinosa di dialetti inusuali. Ma De André non è stato
mai di moda. E infatti la moda, effimera per definizione, passa. Le canzoni di De André
restano a brillare al sole di oggi come il primo giorno che sono nate.
Era un musicista poeta
che usava la sua voce incisiva e malinconica per precisare i significati emozionali di
quello che aveva scritto, si esponeva ogni tanto in preziosi concerti in teatro, ma era
anche un artista che amava starsene da parte: evitava di andare in televisione però non
ce lo faceva
pesare, cercava di far passare inosservata anche la sua assenza. Sono stato personalmente
testimone di questa sua ritrosia verso quei mass media che ha sempre schivato con garbo,
anche in anni in cui gli sarebbero stati utilissimi in termini di popolarità e di
incassi.
Mi auguro che questi
nostri tempi, che hanno uno stranissimo e imbarazzante culto dei morti, lo onorino con la
serietà che un tale artista merita: non certo cercando incongruamente di dedicargli un
auditorium sinfonico, bensì cercando di diffondere con studi approfonditi la sua opera. E
rispettandola, evitando che diventi oggetto di scempio consumistico (ci fidiamo molto
della saggezza degli eredi). Come? Per esempio provando a impedire che un giorno la
bellissima canzone "Il pescatore" diventi il jingle in uno spot di qualche tonno
in scatola.
Nelle sue poesie
Fabrizio De André ha sempre espresso un grande rispetto per le puttane, ma non per le
puttanate.
Nicola Piovani
(Un grazie a Federico Campomori, amico della mailing list, gentile fornitore di questo articolo)