Come ho conosciuto Fabrizio De Andre’

(I meriti di Fabrizio)

Ho, sicuramente come tanti, una lunga (trentennale oramai) militanza nel variegato mondo del rock.

Quando parlo di rock uso certamente un termine generico, ma e’ questa una di quelle parole sulle quali si fonda il comune "sentire" di tutti coloro che nella musica si ritrovano, si confrontano, si scontrano………

Ecco perche’ uso questa parola anche per descrivere quello che e’ stato il mio incontro con l’opera di Fabrizio de andre’, e vedrete che in fondo questo termine non e’ errato analizzando il percorso musicale di Fabrizio.

I primissimi ricordi (molto nitidi devo dire) risalgono a me bambino in macchina con mio padre.fra le sue cassette (allora cerano anche le incredibili stereo 8, le ricordate?) Aveva alcune delle prime canzoni di De Andre’.

Il personaggio mi incuriosiva per quella sua voce profonda, ammaliante.

All’epoca non riuscivo a capire bene il senso di quelle canzoni, ma c’era qualcosa che mi catturava.

Verso i 10/11 anni iniziai a nutrire una passione considerevole per la musica.

I primi (sudatissimi) acquisti, mi proiettarono in un mondo affascinante e curioso.

I dischi dei rolling sones di Van Morrison,di Bob Dylan,di The band, alcune cose di Battisti (che non ho mai amato molto in verita’) mi spinsero a chiedermi, poco per volta, cos’altro ci fosse da poter scoprire.

A Fabrizio arrivo nel 1975 (o forse sarebbe meglio scrivere ritorno) con vol.8.

A quel disco sono legato tantissimo .il ricordo di un periodo che e’ quello della mia adolescenza si lega indissolubilmente (per la musica italiana) a questo disco.

"La cattiva strada", "Nancy", "Le storie di ieri", ma soprattutto "Giugno ‘73" ed "Amico fragile" sono due perle che ancora oggi, con molta frequenza, tornano nel lettore cd (certo il vinile resta qualcosa di unico…..)

Ecco, questo disco e’ stata la chiave di volta per comprendere che esisteva un maestro nella canzone d’autore del nostro paese.

Ed il colpo di grazia arrivo’ con "Rimini" e "Fabrizio De Andre’".

Se con "volume 8" c’era stata la scoperta contemporanea di Francesco De Gregori, con questi due albums scopro Massimo Bubola.

Io credo che un grande merito di Fabrizio De Andre’ sia stato quello di non restare ancorato ad un cliche’ nel quale poteva tranquillamente adagiarsi.

La sua intelligenza lo ha portato a capire che da alcuni autori avrebbe potuto trarre una grande ispirazione, rivedendo la sua concezione di canzone, traghettandola, con l’aiuto di questi autori, verso lidi diversi.

"Rimini" e’ quindi uno shock!

Ricordo ancora il filmato di presentazione della canzone omonima all’altra domenica.ed il ricordo e’ talmente vivo che, quest’estate essendo al seguito di massimo bubola in una serie di concerti in sardegna, ho avuto la fortuna e l’onore di essere stato invitato a cena a portobello da Cristiano De Andre’

Beh, vedere quel finestrone con quella panca e’ stato un vero colpo al cuore ed ai ricordi.

Sensazioni molto difficili da esprimere, ma molto intense.

Quanti anni sono trascorsi, quante storie,quanta musica ascoltata, scoperta, amata…. Rimini, Andrea, ma potrei citare tutto il disco, sono finite "consumate"dagli ascolti incessanti.

Ricordo poi che Andrea era il pezzo con il quale iniziavano sempre le prove di quel manipolo di appassionati, che ogni settimana si ritrovava per cercare di suonare qualcosa, tanto che divenne una sorta di inno per noi.

Poi arrivo’ "Fabrizio De Andre’" o l’Indiano se preferite.

Anche questo e’ un album che ha segnato molto la mia vita personale di ascoltatore.

A quel tempo facevo il militare in quel di Rovigo (un posto un po’ triste) e quel disco fece da colonna sonora a quella stagione di coercizione forzosa.

Con quel disco profuma di ballate tex – mix inusuali per il nostro paese, di pezzi che fondamentalmente anticiparono i tempi.

Fiume sand creek e’ un esempio lampante.

Dieci anni dopo arrivo’ Robbie Robertson col suo album di canzoni sugli indiani…….

Da allora le mie passioni musicali si sono andate sempre piu’ ampliando.

Ho scandagliato il rock americano, il blues, il jazz, anche la musica classica, ma quando tornavo al prodotto indigeno De Andre’ (e da allora Bubola) sono divenuti praticamente imprescindibili.

La morte di Fabrizio, amplificata da un rapporto consolidato di amicizia con massimo Bubola, e’ stato un momento triste.

L’appropriazione indebita del suo personaggio da parte di certe pretese star (???) della musica nazionale, fa, almeno personalmente, gridare allo scandalo.

I pochi reali collaboratori hanno preferito il silenzio, o rare frasi non di circostanza.

D’altronde un mito non ha bisogno del lugubre latrare da parte di molti, ma sopravvive nei cuori (con tutti i pregi ed i difetti), di chi veramente lo ha amato.

Marcello Matranga