Imparai a conoscere ed apprezzare De André all'etá di tredici anni quando frequentavo la terza media e furgando nel libro di antologia letteraria scopro "La guerra di Piero". Il giorno seguente a scuola, con entusiasmo, feci notare il testo ad un mio amico piú grande perché ripetente e mi disse che si trattava di una famosa canzone di Fabrizio e che lui ne conosceva tante altre perché suo fratello aveva quasi tutti i dischi.
Da allora le ricreazioni trascorsero sulle scale del vecchio palazzo della scuola a cantare tutte le canzoni a memoria (Guccini e De Gregori compresi).
Ora a quasi trent'anni, nel frattempo ho imparato a suonare la chitarra proprio con le canzoni del mitico Fabrizio, ricordo come a quell'etá ero quasi fuori dalla realtá nei confronti dei miei coetanei che dovevano tollerare la mia voce acerba canticchiare con accordi stentati La canzone di Marinella e altro.
Il grande sogno si é avverato qualche anno fa quando al teatro colosseo di Torino Fabrizio diede uno dei suoi ultimi spettacoli. Alla fine del concerto fuori dal teatro il freddo pungente avrebbe indotto il piú sfegatato fan a tornare a casa invece la mia perseveranza fu premiata quando verso le due del mattino uscí dalla porta laterale lui, il mitico Fabrizio con gli occhi rossi e l'immancabile sigaretta in bocca.
Quella stretta di mano e quell'autografo sul biglietto di ingresso rimangono custoditi l'uno nei ricordi piú felici della mia vita, l'altro gelosamente conservato tra i vari cimeli deandreiani che affollano la mia libreria.
Approfittai della occasione e gli chiesi:
"Visto che hai cantato in sardo, in genovese e anche napoletano quando ci farai ascoltare qualcosa in siciliano?"
La domanda fu posta quasi scherzosamente tuttavia lui rispose (testuali parole)
"Non é la mia lingua madre, purtroppo, e allora avrei qualche difficoltá. Peró non é ecluso che in futuro faccia qualcosa."

   Max Sigona