La corsa verso il mare delle novità

Con la scomparsa di Fabrizio De André si chiude un'epoca, una lunghissima e straordinaria stagione della musica italiana, quella della canzone d'autore. No, non stiamo esagerando, perché se c'è qualcuno in Italia che con il suo lavoro ha dato un senso alla definizione di "canzone d'autore", questo è stato Fabrizio De André. Non tanto e non solo perché De André ha saputo creare uno stile personalissimo, che ha influenzato profondamente intere generazioni di musicisti e di cantanti del nostro paese, quanto perché grazie a una straordinaria coerenza De André ha affrontato la propria vicenda artistica senza mai scendere a compromessi con il mercato, le classifiche, le mode, cambiando sempre se stesso e la propria musica in completa libertà. Schivo e silenzioso per natura, De André non è mai stato un personaggio "pubblico" nel pieno senso del termine, ha sempre accuratamente evitato la mondanità, nell'era del trionfo della comunicazione televisiva ha brillato per la sua assenza, persino nel proporsi in concerto è stato parco, limitando i propri tour all'essenziale.
Non ha mai fatto la vita della star, anche se questo non gli ha evitato la terribile esperienza del rapimento del '79, evento questo che ha profondamente segnato la sua storia personale. Ma non si è mai isolato, non è mai stato un solitario, anzi ha saputo, a differenza di altri, collaborare spesso e volentieri con altri musicisti e cantautori (Fossati, De Gregori, Bubola, Pagani, la Pfm), si è circondato del suo pubblico, con il quale ha instaurato un rapporto particolarissimo, fatto di fedeltà e passione, e della sua famiglia, Dori, Cristiano e Luvi, con la quale ha fatto musica fino alla fine. Non è mai stato possibile utilizzare le classiche etichette (pop, rock, world) per definire il suo modo di far musica: persino agli esordi, quando le sue canzoni richiamavano in maniera evidente l'arte degli chansonnier francesi, De André riusciva con il suo modo di cantare, con i suoi testi, con la sagacia delle sue prime semplici prove musicali, ad essere altrove, a non lasciarsi incasellare nelle definizioni, nelle stanze dei generi.
Di certo è stato un rivoluzionario della canzone, capace prima e meglio di altri di liberare la musica italiana dai pesi della tradizione per affrontare con coraggio il mare delle novità. Allo stesso tempo non ha mai dimenticato la tradizione, ma ha saputo innovarla, recuperarne le parti più vive ed importanti, farla diventare materiale vivo e pulsante. Non è stato mai un beat, non ha mai praticato, nel senso pieno del termine, il rock, eppure gli anni Sessanta nel nostro paese portano il segno delle sue canzoni ancor più delle troppo celebrate "rotonde sul mare". E nel decennio successivo ha travolto con le sue canzoni qualsiasi ovvietà e preconcetto musicale, muovendosi con ineffabile leggerezza in scenari diversi e sempre originalissimi. Non era un poeta ma un cantautore che ha cercato di scoprire quale fosse il rapporto fra musica e poesia, ha scandagliato la straordinaria ricchezza della nostra tradizione popolare, ha saputo integrare nella sua musica le sensazioni, le idee, gli umori della musica internazionale, il folk, il rock, la musica americana e quella francese, senza tradire mai la tradizione del nostro paese. E da ogni cosa che ha conosciuto, da ogni cosa che ha scoperto e imparato, ha ricavato una canzone, qualcosa da dividere con gli altri.
Insomma, Fabrizio De André ha scritto canzoni meravigliose e uniche, canzoni in grado di accompagnare la nostra vita e di farcene vivere qualcun'altra. Canzoni grandi e piccoline, che possono stare nel palmo di una mano o nella biblioteca
di casa, da conservare con cura o da cantare con una chitarra insieme agli amici. Canzoni scritte dal più colto e popolare dei nostri cantautori. Canzoni da non dimenticare.

Ernesto Assante

(Un grazie a Federico Campomori, amico della mailing list, gentile fornitore di questo articolo)