La tensione morale nell’opera di Fabrizio De Andrè

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Raccogliere testi e musiche di Fabrizio De Andrè in un volume ha un senso preciso: offrire non solo una testimonianza della poesia per canzone (e dell'evoluzione della stessa nel corso di vent'anni) di uno dei più grandi cantautori italiani e internazionali, ma anche un valido strumento di consultazione per chi suona, da dilettante o da professionista. Il secondo potrà ovviare a quelle interpolazioni che canzoni così famose da essere affidate alla memoria e/o alla tradizione orale possono generare passando da esecutore a esecutore; il primo troverà una stimolante palestra di versi e accordi su cui esercitarsi, soprattutto alla chitarra. Più generazioni infatti hanno mosso i loro primi passi alla chitarra su canzoni di De Andrè come La guerra di Piero, La ballata del Michè, Marinella, il testamento.

Scorrendo la vasta (ma non immensa né sterminata, come lui stesso ama sottolineare) produzione di questo "poeta per canzone" raccolta nel volume, ci si può rendere conto come ad una estrema varietà di ispirazioni corrisponda una totale unità di stile e soprattutto una tensione morale che rimane intatta nel tempo. Che si tratti della fine di Piero, spedito ad una assurda guerra e ucciso da un poveraccio mandato come lui a morire su "un campo di grano in un bel giorno di primavera", o che si tratti dell'indiano truffato, beffato e alla fine sterminato dalla violenza dell'uomo bianco, De Andrè recepisce e suscita emozioni intense.

L'amore per l'uomo in De Andrè travolge, con sincero spirito anarchico, ogni legge o convenzione umana: la tragedia di Michè condannato a vent’anni per un delitto d'onore che si uccide in cella assume un valore assoluto ne più ne meno della singolare missione di "Bocca di rosa" (espulsa dalla comunità perché le donne, quelle perbene, giudicano le sue arti erotiche troppo destabilizzanti). Nè esiste contrasto con l'approccio che De Andrè ha con argomenti "seri" quali le Sacre Scritture(La buona novella), la storia degli Indiani d'America analizzata in parallelo a quella dei Sardi di oggi o a quella della sua gente (la repubblica marinara di Genova) in Creuza de ma.

Nella storia, nel sacro, nel mistico De Andrè riesce sempre a individuare anche i lati comici paradossali, talora boccacceschi (da Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poiters a Jamina) senza mai dimenticare la morale che da certi fatti scaturisce e la propria totale simpatia per l'uomo, il suo libero arbitrio, la sua capacità di salvare l'individualità (e anche la pelle) dal labirinto delle convenzioni, dal cinismo dei potenti, o dell'avversa sorte.

Per anni la critica ha insistito soprattutto sui riferimenti classici e colti della poetica di De Andrè, nonché sulla carica provocatoria verso istituzioni e borghesia dei suoi versi. Elementi, intendiamoci certamente presenti nella produzione del cantautore, ma tuttavia forse meno importanti della tensione morale, dell'amore per la gente e per il prossimo, dell'odio per le prevaricazioni (siano quelle del potere o dei rituali della borghesia) fusi in un misticismo profondo che lo porta a guardare, ammirato, il santo e l'amorale, intesi entrambi come supreme espressioni del libero arbitrio. A proposito di amoralità: fu forse proprio una canzone come La cattiva strada ad accreditare una sua immagine di "maledetto", fra

Bukovski, Prevert e via Prò. Ma il fascino discreto della trasgressione, è, tutto sommato, poca cosa nella personalità artistica di De Andrè: domina invece una capacità di riferimento ai classici senza la minima sfumatura cattedratica, un impegno civile e politico che non è mai paludato e tanto meno "parrocchiale", una scrittura musicale e poetica sempre chiara, comprensibile, alla portata di tutti, fortemente funzionale al testo (e, da un certo punta in poi, in fusione totale col medesimo).

La poesia per canzone, si sa, non sempre ha una vita, autonoma rispetto alla partitura. E comunque la lettura dei testi soli viene scoraggiata da molti autori. De Andrè è, in questo senso, l'eccezione che conferma la regola: come non godere della capacità di sintesi di testi, anche non notissimi, come Parlando del naufragio della London Valour dove "la radio di bordo è una sfera di cristallo: dice che il vento si farà lupo e il mare si farà sciacallo ", mentre sulla riva un grande zoo umano si gode l'agonia del rottame che si fracassa sugli scogli.

                                   Mario Luzzatto Fegiz

*Prefazione a "Fabrizio De Andrè". Raccolta di testi e musiche delle canzoni di FDA edito da Ricordi nel 1991.