Siamo tutti Deandreiani

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....e poi, non possiamo non dirci deandreiani: con tutto il rispetto per gli altri, lui è stato il primo e resta unico. Potrete preferire i guizzi vocali di Dalla,potrete amare l'ironica malinconia gucciniana, potrete stravedere per la ribalda aggressività di Vasco-Blasco. Ma De Andrè si erge e troneggia gigante sui giganti. Ha fatto poesia in musica quando ancora i testi delle canzoni vertevano sulle zebre a pois doni di maragià grandi amici di papà. Ha pensato la strada italiana al "concept album" ("Non all'amore nè all'amore nè al cielo", "Storia di un impiegato") quando ancora da noi gli ellepì erano soltanto raccolte di successi. Ha celebrato la World Music ("Creua de Mä") quando il cantautorato nostrano stava ancora smaltendo la sbornia della politique d'abord. Rivederlo qualche volta nei palasport o nei teatri forse un pò ci urta: chissà, forse gli eroi dovrebbero stare su un piedistallo. Sono immagini, idee, dure a morire. Ma lui, che non si considera eroe (piuttosto contadino, questo sì), qualche volta si ributta nel mare tumultuoso delle tournée, degli infiniti giorni on the road. Imponendo una marcia in più, stabilendo un'aristocratica "diversità". Lui è Fabrizio De Andrè.

    Gabriele Ferraris

 

* Un sentito ringraziamento va a Mariano Brustio autore della foto a Novara nel 1998.