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De Andrè ed io.

Parlare di De Andrè non è poi così semplice, se te lo senti dentro da quando eri bambino. Adesso sei un quasi maturo quarantenne. Io ricordo che alla radio, trenta anni fa, se suonavano una delle sue canzoni, Bocca di Rosa, (ti ricordi Brassens?) o Via del Campo (storia di una puttana che lo fa solo per piacere e non per soldi) o Suzanne (storia di una donna a margine), c'era sempre qualcuno pronto ad abbassarti il volume. E tu allora correvi coi tuoi risparmi al negozio e compravi il disco, che ascoltavi di nascosto, lontano da tuo padre musicista. E ti sgridava se poi ti coglieva al pianoforte a ripetere, immaturo musicista, i suoi accordi.
E poi crescendo il tuo interesse andava oltre. Ti soffermavi a leggere i titoli delle canzoni e i suoi autori. E scoprivi che c'era dentro un certo L.Cohen, forse un musicista straniero di cui non conoscevi niente, che nessuno conosceva, e allora andavi a chiedere al negozio i suoi dischi. Ma nessuno lo conosceva. E poi vennero i grandi concerti degli hippies. E allora finalmente lo vedevi. Lui Leonard Cohen, con la sua chitarra, con i suoi capelli lunghi, con la sua voce magica, e allora correvi ancora a chiedere i suoi dischi, e finalmente ecco SUZANNE. Lo hai, lo hai trovato, lo puoi ascoltare, tanto tuo padre non sa l'inglese e non capisce cosa vuol dire. E poi scopri che anche ci sono i libri, e allora corri al negozio e cerchi e cerchi, ed ecco Belli e Perdenti (Beautiful Losers). Ma tuo padre lo sa l'Italiano. Lo sa bene. Lo legge e scopre che c'è il sesso. E tu ragazzo sei proibito a leggerlo. E poi scopri un certo Brassens. Un altro che parla di tette e puttane. Ma parla in francese, dolce musicalità del suono delle parole, non lo capisci molto, ma non importa. Se lo canta DeAndrè, allora Brassens è uno forte, un grande. E poi cresci ancora e corri via in Francia e lo cerchi. Cerchi dove abitava, cerchi L'Impasse Florimont, vai a Bezier e cerchi il museo, vai a Sete e ti siedi sulla sabbia, ad aspettare l'onda che lo vuole cullare, il Brassens morto, che passa la sua morte in vacanza. E poi la poesia. Non ti bastano le canzoni. Le vuoi leggere, le vuoi vivere nel tuo cuore, le vuoi citare, le vuoi tue. E allora ancora. Le ami, le leggi, le scrivi, le reciti, anche tua moglie, ora che sei grande, si affeziona. E poi tuo figlio. È piccolo, non capisce, ma quando sente quel disco, ride e balla. E tu che mai avresti immaginato così la curva della tua vita. E poi cresce, e ti chiede la chitarra e si siede come DeAndrè, con la gamba sull'altra e suona, suona le tue canzoni, le sue canzoni, le nostre canzoni. E tuo padre lo vede, lui piccolo che suona con la sua chitarra più grande di lui. E allora tuo padre gioisce, e tu con lui. E allora dico grazie a DeAndrè. Grazie perché mi hai fatto conoscere Cohen. Grazie per Brassens. Grazie perché ho imparato la poesia. Grazie per la tua musica, per la Tua poesia, per la Nostra poesia, per la vita, per la nostra vita. E quel giorno te lo ho detto. Ricordi Fabrizio? Te lo ho detto. Grazie per avermi fatto conoscere Cohen. E tu mi hai abbracciato.

Mariano Brustio. Novara, Maggio 1998